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OSSIGENO CRIOGEN 400LT MOBILE Produttore: LINDE MEDICALE SRL

  • FARMACO DI CLASSE C
  • USO OSPEDALIERO

DENOMINAZIONE

OSSIGENO LINDE MEDICALE

CATEGORIA FARMACOTERAPEUTICA

Gas medicinali puri e miscele di gas, ossigeno.

PRINCIPI ATTIVI

Le bombole contengono ossigeno 100%.

ECCIPIENTI

Non applicabile.

INDICAZIONI

Ossigeno Linde Medicale e' indicato: per il trattamento dell'insufficienza respiratoria acuta e cronica; per il trattamento in anestesia, in terapia intensiva, in camera iperbarica.

CONTROINDICAZIONI/EFF.SECONDAR

In condizioni normobariche non esistono controindicazioni assolute. In condizioni iperbariche, il trattamento e' controindicato in caso di:enfisema bolloso; asma evolutiva; pneumotorace, anamnesi pregressa dipneumotorace; bronco pneumopatia cronica ostruttiva (BPCO); polmoniteda Pneumocystis carinii; stato di male epilettico; claustrofobia; gravidanza normoevolvente (primo trimestre) per patologie non acute; infezioni delle alte vie respiratorie; ipertermia; sferocitosi ereditaria;neurite del nervo ottico; tumori maligni; acidosi; somministrazione concomitante di alcuni farmaci quali doxorubicina, adriamicina, bleomicina, daunorubicina, cis platino, steroidi, disulfiram, e di sostanze quali alcool, idrocarburi aromatici, nicotina; infanti prematuri.

POSOLOGIA

Ossigenoterapia normobarica: per ossigeno terapia normobarica si intende la somministrazione di una miscela gassosa piu' ricca in ossigeno di quella dell'aria atmosferica, contenente cioe' una percentuale in ossigeno nell'aria ispirata (FiO 2) superiore al 21%, ad una pressione parziale compresa tra 0,21 e 1 atmosfera (0,213 e 1,013 bar). Ai pazienti non affetti da insufficienza respiratoria, l'ossigeno puo' essere somministrato con ventilazione spontanea mediante cannule nasali, sonde nasofaringee o maschere idonee. Ai pazienti con insufficienza respiratoria o anestetizzati, l'ossigeno deve essere somministrato in ventilazione assistita. Le bombole di ossigeno hanno all'interno una pressione massima di circa 150-200 bar. La pressione viene regolata da un riduttore ed e' rilevabile sul manometro. Moltiplicando la cifra indicatadal manometro per il contenuto in litri della bombola si ottiene la quantita' di ossigeno ancora disponibile nella bombola. (Esempio: Calcolo approssimato del contenuto: una bombola ha un contenuto di 10 litrie il manometro segna 200 bar ne risulta un contenuto di 2000 litri diossigeno. Con un consumo di 2 litri al minuto la bombola sara' vuota dopo 16 ore circa). Con ventilazione spontanea: pazienti con insufficienza respiratoria cronica: somministrare ossigeno ad un flusso tra 0,5e 2 litri/minuto, adattabile in base alla gasometria. Pazienti con insufficienza respiratoria acuta: somministrare ossigeno ad un flusso tra 0,5 e 15 litri/minuto, adattabile in base alla gasometria. Con ventilazione assistita: il valore minimo di FiO 2 e' il 21%, e puo' salire fino al 100%. Lo scopo terapeutico dell'ossigenoterapia e' quello di assicurare che la pressione parziale arteriosa dell'ossigeno (PaO 2) non sia inferiore a 8 kPa (60 mmHg) o che l'emoglobina saturata di ossigeno nel sangue arterioso non sia inferiore al 90% mediante la regolazione della frazione di ossigeno inspirato (FiO 2). La dose deve essere adattata in base alle esigenze individuali del singolo paziente. La raccomandazione generale e' quella di utilizzare il valore minimo di FiO2 necessario per raggiungere l'effetto terapeutico desiderato, ovverovalori di PaO 2 entro la norma. In condizioni di grave ipossiemia, possono essere indicati anche valori di FiO 2 che comportano un potenziale rischio di intossicazione da ossigeno. E' necessario un monitoraggio continuo della terapia ed una valutazione costante dell'effetto terapeutico, attraverso la misurazione dei livelli della PaO 2 o in alternativa, della saturazione di ossigeno arterioso (SpO 2). Nell'ossigenoterapia a breve termine, la frazione di ossigeno inspirato (FiO 2) deveessere tale da mantenere un livello di PaO 2 > 8 kPa con o senza pressione di fine espirazione positiva (PEEP) o pressione positiva continua (CPAP), evitando possibilmente valori di FiO 2 > 0,6 ovvero del 60% di ossigeno nella miscela di gas inalato. L'ossigenoterapia a breve termine deve essere monitorata con ripetute misurazioni del gas nel sangue arterioso (PaO 2) o mediante ossimetria transcutanea che fornisce un valore numerico della saturazione di emoglobina con l'ossigeno (SpO 2). In ogni caso, questi indici sono solamente misurazioni indirette dell'ossigenazione tissutale. La valutazione clinica del trattamento riveste la massima importanza. Per trattamenti a lungo termine, il fabbisogno di ossigeno supplementare deve essere determinato dai valori delgas stesso misurati nel sangue arterioso. Per evitare eccessivi accumuli di anidride carbonica deve essere monitorato l'ossigeno nel sangue, cosi' da regolare l'ossigenoterapia in pazienti con ipercapnia. Devono essere usati bassi livelli di concentrazione dell'ossigeno nei pazienti con insufficienza respiratoria in cui lo stimolo per la respirazione e' rappresentato dall'ipossia (per es. a causa di BPCO). La concentrazione di ossigeno nell'aria inalata non deve superare il 28%; in alcuni pazienti persino il 24% puo' essere eccessivo. Se l'ossigeno e' miscelato con altri gas, la sua concentrazione nella miscela di gas inalato deve essere mantenuta almeno al 21%. In pratica, si tende a non scendere al di sotto del 30%. Ove necessario, la frazione di ossigeno inalato puo' essere aumentata fino al 100%. Popolazione pediatrica: i neonati possono ricevere il 100% di ossigeno quando necessario. Tuttavia deve essere fatto un attento monitoraggio durante il trattamento. Siraccomanda comunque di evitare una concentrazione di ossigeno eccedente il 40% per ridurre il rischio di danno al cristallino o di collassopolmonare. La pressione di ossigeno nel sangue arterioso (PaO 2) deveessere monitorata, tuttavia se viene mantenuta sotto i 13,3 kPa (100 mmHg) e sono evitate significative variazioni nell'ossigenazione, il rischio di danno oculare e' ridotto. Inoltre, il rischio di danno oculare puo' essere ridotto evitando fluttuazioni notevoli della ossigenazione (vedere anche paragrafo 4.4 Avvertenze speciali e precauzioni di impiego). Ossigenoterapia iperbarica: per ossigenoterapia iperbarica siintende un trattamento con 100% di ossigeno a pressioni di 1.4 volte superiori alla pressione atmosferica a livello del mare (1 atm = 101,3kPa = 760 mmHg). Per ragioni di sicurezza la pressione nell'ossigenoterapia iperbarica I non dovrebbe superare le 3 atm. L' ossigeno deve essere somministrato in camera iperbarica. La durata delle sedute in una camera iperbarica a una pressione da 2 a 3 atmosfere (vale a dire tra il 2,026 e 3,039 bar) e' tra 60 minuti e 4-6 ore. Queste sessioni possono essere ripetute da 2 a 4 volte al giorno, in funzione dello stato clinico del paziente. La compressione e la decompressione dovrebberoessere condotte lentamente in accordo con le procedure adottate comunemente, in modo da evitare il rischio di danno pressorio (barotrauma) a carico delle cavita' anatomiche contenenti aria e in comunicazione con l'esterno. L'ossigenoterapia iperbarica deve essere effettuata da personale qualificato per questo trattamento. Modo di somministrazione:l'ossigeno (compresso o criogenico) viene somministrato attraverso l'aria inalata, preferibilmente ricorrendo ad apparecchi dedicati (quali, per esempio, una cannula nasale o una maschera facciale); il dosaggio al paziente viene effettuato indipendentemente dalla confezione del gas medicinale tramite apparecchi dosatori (flussometri). Con questi sistemi, l'ossigeno viene somministrato attraverso l'aria inspirata, mentre il gas espirato e l'eventuale eccesso di ossigeno lasciano il circuito inspiratorio del paziente mescolandosi con l'aria circostante (sistema aperto o anti-rebreathing). In anestesia e' spesso utilizzato un sistema particolare che permette di inspirare nuovamente il gas precedentemente espirato dal paziente (sistema chiuso o rebreathing).

CONSERVAZIONE

Osservare tutte le regole pertinenti all'uso e alla movimentazione delle bombole sotto pressione e dei recipienti contenenti liquidi criogenici. Conservare le bombole e i recipienti criogenici mobili a temperature comprese tra -10 gradi C. e 50 gradi C. in ambienti ben ventilati, oppure in rimesse ben ventilate, evitando la formazione di atmosferesovraossigenate (O 2 > 21% vol.), in posizione verticale con le valvole chiuse, protetti da pioggia, intemperie, dall'esposizione alla lucesolare diretta, lontano da fonti di calore o d'ignizione e da materiali combustibili. I recipienti vuoti o che contengono altri tipi di gasdevono essere conservati separatamente. I contenitori criogenici fissi, installati presso le strutture sanitarie, devono essere collocati all'aperto secondo quanto specificato dalla Circolare 99/1964, in zone confinate e protette, con accessi limitati agli addetti, gestiti e mantenuti secondo le indicazioni fornite da ciascun Fabbricante. Si tratta di apparecchiature a pressione e quindi soggette alla Direttiva CE PED e/o al Decreto Ministeriale del 21/11/1972.

AVVERTENZE

L'ossigeno deve essere somministrato con cautela, con aggiustamenti in funzione delle esigenze del singolo paziente. Deve essere somministrata la dose piu' bassa che permette di mantenere la pressione a 8 kPa (60 mmHg). Concentrazioni piu' elevate devono essere somministrate peril periodo piu' breve possibile, monitorando frequentemente i valori dell'emogasanalisi. L'ossigeno puo' essere somministrato in sicurezza alle seguenti concentrazioni e per i seguenti periodi di tempo: fino a100% meno di 6 ore; 60-70% 24 ore; 40-50% nel corso del secondo periodo di 24 ore. L'ossigeno e' potenzialmente tossico dopo due giorni a concentrazioni superiori al 40%. Concentrazioni basse di ossigeno devono essere usate per pazienti con insufficienza respiratoria in cui lo stimolo per la respirazione e' rappresentato dall'ipossia. In questi casi e' necessario monitorare attentamente il trattamento, misurando la tensione arteriosa di ossigeno (PaO 2 ), o tramite pulsometria (saturazione arteriosa di ossigeno - SpO 2 ) e valutazioni cliniche. La somministrazione di ossigeno a pazienti affetti da insufficienza respiratoria indotta da farmaci (oppioidi, barbiturici) o da bronco-pneumopatie croniche-ostruttive (BPCO) potrebbe aggravare ulteriormente l'insufficienza respiratoria a causa dell'ipercapnia costituita dall'elevata concentrazione nel sangue (plasma) di anidride carbonica, che annulla glieffetti sui recettori. Le concentrazioni elevate di ossigeno nell'aria o nel gas inalato determinano la caduta della concentrazione e dellapressione di azoto. Questo riduce anche la concentrazione di azoto nei tessuti e nei polmoni (alveoli). Se l'ossigeno viene assorbito nel sangue attraverso gli alveoli piu' velocemente di quanto venga fornito attraverso la ventilazione, gli alveoli possono collassare (atelectasia). Questo puo' ostacolare l'ossigenazione del sangue arterioso, perche' non avvengono scambi gassosi nonostante la perfusione. Nei pazienticon una ridotta sensibilita' alla pressione dell'anidride carbonica nel sangue arterioso, gli elevati livelli di ossigeno possono causare ritenzione di anidride carbonica. In casi estremi, questo puo' portare a narcosi da anidride carbonica. Pazienti a rischio di insufficienza respiratoria ipercapnica: precauzioni particolari devono essere adottate nei pazienti con sensibilita' ridotta alla pressione dell'anidride carbonica nel sangue arterioso o a rischio di insufficienza respiratoria ipercapnica ("drive ipossico") (ad es. pazienti con bronco-pneumopatie croniche ostruttive (BPCO), fibrosi cistica, obesita' patologica, deformita' della parete toracica, disordini neuromuscolari, sovradosaggio di farmaci depressivi della respirazione). La somministrazione di ossigeno supplementare puo' causare depressione respiratoria e un aumento di PaCO2 con conseguente acidosi respiratoria (vedere paragrafo 4.8). In questi pazienti la terapia con ossigeno deve essere attentamentetitolata; il target della saturazione di ossigeno da raggiungere puo'essere piu' basso che in altri pazienti e l'ossigeno deve essere somministrato a basse velocita' di flusso. Precauzioni particolari nei pazienti con lesioni polmonari da bleomicina: la tossicita' polmonare della terapia con ossigeno ad alto dosaggio puo' potenziare le lesioni polmonari, anche se somministrata diversi anni dopo la lesione iniziale del polmone causata da bleomicina, e il target di saturazione di ossigeno da raggiungere puo' essere piu' basso che in altri pazienti (vedere paragrafo 4.5). Popolazione pediatrica: a causa della maggiore sensibilita' del neonato all'ossigeno supplementare, deve essere somministrata la piu' bassa concentrazione di ossigeno efficace, al fine di ottenere un'adeguata ossigenazione per i neonati. Nei neonati pretermine enei neonati a termine l'aumento della PaO 2 puo' portare alla retinopatia del prematuro (vedere paragrafo 4.8), malattie polmonari croniche, emorragie intraventricolari. Si raccomanda di iniziare la rianimazione dei neonati a termine o vicino al termine con aria anziche' con ossigeno al 100%. Nei neonati pretermine, la concentrazione ottimale dell'ossigeno e il target dell'ossigeno non sono precisamente definiti. Senecessario, l'ossigeno supplementare dovra' essere monitorato attentamente e guidato con pulsossimetria. Nei neonati a termine e nei prematuri, la somministrazione di ossigeno ad una concentrazione superiore al 30-40% genera effetti indesiderati quali fibroplasia retrolenticolare, malattie polmonari croniche, emorragie intraventricolari. Vi e' infatti una insufficiente produzione degli enzimi antiossidanti endogeni,quindi vi e' una impossibilita' nel contrastare la produzione e gli effetti tossici dei composti reattivi dell'ossigeno. In questi casi deve essere somministrata la piu' bassa concentrazione di ossigeno efficace e la pressione arteriosa di ossigeno deve essere monitorata da vicino e deve essere mantenuta al di sotto di 13,3 kPa (100 mmHg). Ossigenoterapia iperbarica (HBOT). La somministrazione di ossigeno in camera iperbarica deve essere attentamente valutata in funzione del rapporto rischio/beneficio, in caso di: otiti e/o sinusiti recidivanti, laringocele, cavita' mastoidea, sindrome vestibolare, perdita dell'udito e recente intervento dell'orecchio medio; patologie cardiache ischemiche e/o congestizie; nei pazienti con sindrome coronarica acuta o infarto miocardico acuto che richiedono anche terapia iperbarica, come nel casodi intossicazione da CO, la terapia iperbarica deve essere condotta con cautela a causa della potenziale vasocostrizione dell'iperossia nella circolazione coronarica; ipertensione arteriosa non trattata farmacologicamente; patologie polmonari restrittive e/o restrittive di gradoelevato; glaucoma, distacco di retina anche se trattato chirurgicamente (manovre di compensazione); storia di convulsioni, epilessia; febbre alta non controllata; ansia grave, psicosi, claustrofobia. Pazienti affetti da diabete mellito: la terapia iperbarica puo' interferire conil metabolismo del glucosio. Gli effetti vasocostrittore della terapia iperbarica possono inoltre compromettere l'assorbimento sottocutaneodell'insulina, rendendo il paziente iperglicemico. Puo' essere considerato di monitorare il glucosio ematico tra una sessione e l'altra di terapia iperbarica. Disturbi respiratori: a causa della decomposizione, alla fine della sessione iperbarica, il volume del gas aumenta mentre la pressione nella camera diminuisce, e questo puo' portare a pneumotorace non drenato, la decompressione potrebbe determinare lo sviluppodi un pneumotorace iperteso.

INTERAZIONI

L'ossigeno non deve essere somministrato in concomitanza con la somministrazione di farmaci che ne aumentano la tossicita', come catecolamine (ad es. epinefrina, norepinefrina), corticosteroidi (ad es. desametasone, metilprednisolone), ormoni (ad es. testosterone, tiroxina), chemioterapici (bleomicina, ciclofosfammide, 1,3-bis(2-chloroethyl)-1-nitrosourea) ed agenti antimicrobici (ad es. nitrofurantoina). I raggi X possono aumentare la tossicita' dell'ossigeno. Anche l'ipertiroidismo e la mancanza di vitamina C, vitamina E o di glutatione possono produrre lo stesso effetto. La tossicita' polmonare associata con farmaci come bleomicina, actinomicina, amiodarone, nitrofurantoina e antibioticisimili puo' essere accresciuta dall'inalazione concomitante di alte concentrazioni di ossigeno. Nei pazienti che sono stati trattati per danno polmonare indotto da radicali liberi, la terapia a base di ossigeno puo' peggiorare il danno, per esempio nel trattamento dell'avvelenamento da paraquat. L'ossigeno puo' anche peggiorare la depressione respiratoria indotta dall'alcool. Farmaci noti per indurre eventi avversi comprendono: adriamicina, menadione, promazina, clorpromazina, tioridazina e clorochina. Gli effetti saranno particolarmente pronunciati neitessuti con livelli elevati di ossigeno, specialmente i polmoni. In presenza di ossigeno, l'ossido nitrico viene rapidamente ossidato per formare derivati nitrati superiori che sono irritanti per l'epitelio bronchiale e la membrana alveolo-capillare. Il biossido di azoto (NO2) e' il principale composto formato. La velocita' di ossidazione e' proporzionale alle concentrazioni iniziali di ossido nitrico e di ossigeno nell'aria inalata e alla durata del contatto tra NO e O2.

EFFETTI INDESIDERATI

I tessuti mostrano differente sensibilita' all'iperossiemia, i piu' sensibili sono i polmoni, il cervello e gli occhi. La somministrazione di ossigeno puo' causare una lieve riduzione della frequenza e della gittata cardiaca. Descrizione di reazioni avverse selezionate. Eventi avversi respiratori: a pressione ambientale, i primi segni (tracheobronchite, dolore substernale e tosse secca) compaiono non appena dopo 4 ore di esposizione ad ossigeno 95%. Una ridotta capacita' vitale forzata puo' verificarsi entro 8-12 ore dall'esposizione al 100% di ossigeno, ma le lesioni gravi richiedono esposizioni molto piu' lunghe. Si puo' osservare edema interstiziale dopo 18 ore dall'esposizione al 100% di ossigeno e con possibile evoluzione in fibrosi polmonare. Gli effetti respiratori riportati con ossigenoterapia iperbarica HBOT sono generalmente simili a quelli riscontrati durante il trattamento con ossigeno normobarico, ma il tempo di insorgenza dei sintomi e' piu' breve. L'inalazione di forti concentrazioni di ossigeno puo' dare origine ad atelettasie causate dalla diminuzione dell'azoto negli alveoli e dall'effetto diretto dell'ossigeno sul surfactante alveolare. Lo sviluppo delle sezioni atelettasiche dei polmoni porta a un rischio di saturazionearteriosa piu' povera di ossigeno nel sangue, nonostante una buona perfusione, a causa della mancanza di scambio di gas nelle sezioni atelettasiche dei polmoni. Il rapporto ventilazione/perfusione peggiora, portando a shunt intrapolmonare. In pazienti con malattie a lungo termine associate a ipossia cronica e ipercapnia potrebbe verificarsi un cambiamento nelle modalita' di controllo della ventilazione. In queste circostanze, la somministrazione di concentrazioni di ossigeno troppo elevate puo' causare depressione respiratoria dovuta alla soppressione dello stimolo ventilatorio causata dall'effetto del brusco aumento della pressione parziale di ossigeno a livello dei chemorecettori carotidei ed aortici, inducendo ipercapnia aggravata, acidosi respiratoria e infine arresto respiratorio (vedere paragrafo 4.4). La somministrazionedi ossigeno a pazienti affetti da depressione respiratoria indotta dafarmaci (oppioidi, barbiturici) o da BPCO potrebbe deprimere ulteriormente la ventilazione dato che, in queste condizioni, l'ipercapnia none' piu' in grado di stimolare i chemorecettori centrali mentre l'ipossia e' ancora in grado di stimolare i chemorecettori periferici. A seguito della somministrazione di concentrazioni di ossigeno superiori all'80%, possono verificarsi lesioni polmonari. Elevati flussi di ossigeno non umidificato possono produrre secchezza e irritazione delle mucose delle vie aeree (congestione o occlusione dei seni paranasali con dolore e perdita ematica) e degli occhi, cosi' come un rallentamento della clearance muco-ciliare delle secrezioni. Tossicita' a carico del sistema nervoso centrale: puo' svilupparsi quando i pazienti respirano ossigeno al 100% a pressioni superiori a 2 bar. Le manifestazioni precoci comprendono visione offuscata, diminuzione della visione periferica, tinnito, disturbi respiratori, contrazioni muscolari localizzate, in particolare degli occhi, della bocca e della fronte. Il prolungamento dell'esposizione puo' causare vertigini e nausea, seguiti da comportamenti alterati (ansia, confusione, irritabilita'), abbassamento del livello di coscienza (fino alla perdita di conoscenza) e convulsioni generalizzate. Si ritiene che le scariche indotte dall'iperossia siano reversibili, non causando alcun danno neurologico residuo e scomparendoal momento della riduzione della pressione parziale dell'ossigeno inspirato. Eventi avversi correlati all'ossigenoterapia iperbarica (HBOT): l'ossigenoterapia iperbarica puo' dare origine a barotrauma da iper-pressione sulle pareti delle cavita' chiuse, come l'orecchio interno, con rischio di edema o rottura della membrana timpanica (con dolore edeventuale emorragia), dei seni paranasali o dei polmoni, con conseguente rischio di pneumotorace, mal di denti, implosione od esplosione dei denti, flatulenza, dolore da colica. A causa delle dimensioni relativamente ridotte di alcune camere iperbariche, i pazienti possono sviluppare ansia da confinamento che non e' dovuta ad un effetto diretto diossigeno. L'ossigenoterapia iperbarica oltre i 2 bar puo' occasionalmente indurre nausea, vomito, capogiro, ansia, confusione, stordimento,midriasi, crampi muscolari, mialgia, abbassamento del livello di coscienza (fino alla perdita di conoscenza), emiplegia e disturbi visivi (anche con perdita della vista) di tipo transitorio e reversibili con la riduzione della pressione parziale di ossigeno, atassia, vertigini, tinnito, perdita dell'udito. I pazienti sottoposti ad ossigenoterapia iperbarica possono essere soggetti a crisi di claustrofobia. A seguitodi ossigenoterapia con una concentrazione di ossigeno del 100% per piu' di 6 ore, in particolare in somministrazione iperbarica, sono stateriferite crisi convulsive ed attacchi epilettici. Tossicita' oculare:e' stata osservata miopia progressiva in casi di trattamenti iperbarici multipli. Il meccanismo rimane non chiarito, ma e' stato ipotizzatoche dipenda dall'aumento dell'indice di rifrazione del cristallino. La maggior parte dei casi si sono risolti spontaneamente. Tuttavia, il rischio di irreversibilita' e' aumentato dopo piu' di 100 terapie. Dopo la conclusione della terapia iperbarica, la remissione della miopia e' di solito rapida nelle prime settimane e successivamente piu' lenta, per periodi che vanno da diverse settimane fino ad un anno. Non e' possibile stimare il numero soglia di sessioni di terapia iperbarica, ne' la durata. Popolazione pediatrica: nei neonati, in particolare quelli prematuri, esposti a forti concentrazioni di ossigeno FiO 2 > 40%, PaO 2 > di 80mmHg o per periodi prolungati (piu' di 10 giorni a una FiO 2 > 30%), si puo' verificare rischio di retinopatia di tipo fibroplastico retrolenticolare temporanea o permanente (retinopatia del prematuro, vedere paragrafo 4.4). In tal caso puo' avvenire il distacco della retina e anche cecita' permanente, displasia broncopolmonare, sanguinamento subependimale ed intraventricolare, nonche' enterocolite necrotizzante. La somministrazione di ossigeno modifica la quantita' di ossigeno trasportata e ceduta ai vari tessuti. Un aumento della concentrazione locale di ossigeno, principalmente della frazione disciolta, porta ad un aumento della produzione di composti reattivi dell'ossigeno e, di conseguenza, ad un aumento di enzimi antiossidanti o di composti anti-ossidanti endogeni. Il potenziale danno ossidativo diretto dell'ossigeno e' da valutare nella gestione dei prematuri che possono risentire negativamente ed in modo persistente della perossidazione lipidicaa carico delle membrane cellulari.

GRAVIDANZA E ALLATTAMENTO

Gravidanza: nei test su animali, e' stata osservata tossicita' riproduttiva dopo la somministrazione di ossigeno ad alte pressioni o ad alte concentrazioni (vedere paragrafo 5.3). Non e' nota la rilevanza clinica per l'uomo di tali evidenze. Ossigenoterapia normobarica: l'ossigeno a pressione atmosferica (pressione inferiore a 0,6 atm) puo' essereusato durante la gravidanza ma solo quando e' necessario, cioe' in caso di indicazioni vitali, donne in condizioni critiche o con ipossiemia. Ossigenoterapia iperbarica: l'utilizzo del trattamento iperbarico e' controindicato nella gravidanza normo-evolvente (primo trimestre) per patologie non acute. L'utilizzo della terapia iperbarica in gravidanza potrebbe indurre stress ossidativo da eccesso di ossigeno provocando danni al feto. In casi di grave intossicazione da monossido di carbonio il rapporto beneficio/rischio sembra rassicurare verso l'uso dellaterapia iperbarica. Allattamento: non ci sono controindicazioni per l'uso dell'ossigeno durante l'allattamento.

Codice: 039133588
Codice EAN:

Codice ATC: V03AN01
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Temperatura di conservazione: lontano da fonti di calore
Forma farmaceutica: GAS
Scadenza: 1 MESE
Confezionamento: CONTENITORE CRIOGENICO

GAS

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